Storie ritrose
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C’è stato quello clandestino

amore clandestino

C’è stato quello clandestino
incastrato nel giorno a metà
costretto all’apnea di un tempo rubato
quello che cambia nome
non ha memoria
resta bendato
in un letto senza identità
e senza grazia.
Quello che aspettava
che aspettavo
senza ombre
senza difetti
solo fame
solo momenti.

Quello che mi ha detto
prendiamo questa poesia che altro non c’è
parlava di stracci, di polvere, di occhi chiusi, di giostre selvagge, di rampicanti.
Grattavo con le unghie
fingevo leggerezza
scacciavo interrogativi
afferravo orgasmi stremati.

Prendiamo questa poesia che altro non c’è
e parlava di sesso coi vestiti, di lacrime, di urla ingoiate, di prosecco tiepido, di sciarade.
Dicevo domani,
è l’ultima volta
dicevo da domani,
ma adesso.

Quello di un amore
di cento giorni
fatti di adesso concessi
di attimi strappati.
Quello colpevole
e connivente insieme
che diceva adesso
io dicevo, ma da domani.

Lo giuro, fa’ che sopravviva
da domani
ma adesso
mi prendo
questa poesia
di stracci
polvere
mandate
lacrime
preghiere
schiaffi
segreti
cartoline
saliva
bicchieri
vestiti
frammenti
scarti
silenzi
apnea
bollicine
fiatoni
sabbia
copertoni
camicie
bende
treni
sigarette
sciarade
morsi
buio
passi
attimi
e nessun domani.

Ma adesso
prendi questa poesia che altro non c’è
e parlo di sguardi lunghi, di doppie mandate, di sabbia negli occhi, di segreti ormai privi di senso, di scricchiolii, di radici dinoccolate, di vicoli ambrati, di cartoline in bianco, di bottiglie affidate al mare.
Parlo di nostalgie e carte da parati
che potevano servire alla bellezza
hanno solo rivestito la stanchezza.
Parlo di una stanza di un attimo
Questa è la chiave, fanne buon uso
e poi dimentica.

 


Questa storia ritrosa si unisce a una serie di altri ritratti di amori che confluirà in una performance musicale dal titolo “Eppure aspettavamo il principe azzurro”, concerto non cantato scritto, diretto e interpretato dalla pianista Ornella Altavilla e me.

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