Una volta stavo per morire.
Ti dicono tutta quella roba che quando stai per morire la vita ti passa davanti. Be’, a me non è andata proprio così.
Però ho imparato una cosa.
Avevo quindici anni, era estate, ero con la mia famiglia a Cefalonia, un’isola straordinaria della Grecia. Era selvaggia e brulla, spiagge deserte, persino un relitto. E tettoie di bambù sugli scogli per ripararsi dal sole. Era un’isola baciata dalla bellezza, la bellezza pura.
Spesso io e mio padre ci allontanavamo dal resto della compagnia in tender per fare immersioni. Prendevamo il gommoncino con 15 cavalli e cercavamo piccole secche dove fare foto o semplicemente godere del panorama subacqueo.
Quella volta, avevo fatto delle foto spettacolari. C’era una grotta nella quale un cono di luce ti pugnalava il cuore, ti mozzava il fiato, tanto era bello.
Mentre tornavamo al porticciolo, io avevo ancora addosso la muta, la zavorra e anche la macchina fotografica al collo. A un certo punto, superiamo la punta di un’insenatura e un’onda ci travolge. Sono balzata in acqua, ho iniziato a roteare, a muovere gli arti scompostamente. Non capivo dove fosse la superficie, non avevo fiato. Ho iniziato a bere. E poi è stato tutto bianco.
Grigio.
Buio.
Quando mi sono risvegliata avevo solo una domanda. Dov’è la macchina fotografica? Non posso aver perduto quelle foto.
Ho aperto gli occhi, ho guardato le facce che avevo intorno, i miei genitori, mia sorella piccola.
Le foto poi le ho potute sviluppare.
Qual è la cosa che ho imparato?
Che mica lo so, se una vita vale la pena senza bellezza.
Ho fatto un esperimento e se volete potete ascoltare questa storia ritrosa su Spreaker #unavoltastavopermorire