Author: Claudia Mencaroni

sindrome da troppi stimoli

Troppe cose da leggere

Devo correre ai ripari, ho troppe cose da leggere. Troppi libri sul comodino (e sulla scrivania, in borsa, accanto al divano, sotto il letto, in bagno e addirittura in pacchetti neppure aperti), troppi articoli salvati in Pocket, in attesa su Feedly, giornali appena sfogliati, troppi temi che mi stuzzicano e vorrei argomentare, autori che vorrei approfondire, troppa roba che vorrei andare a ripescare nella mia biblioteca, per fissare concetti che temo possano sfuggirmi. 

Deve esserci un senso

Sfogliando il New York Times online, sorrido leggendo di una mostra appena inaugurata al New York Historical Society: “The Art and Whimsy of Mo Willems”. Condivido l’articolo sul mio profilo Facebook, raccontando un aneddoto che mi ha fatto il solletico al cuore: sette anni fa, proprio in una libreria di Manhattan, acquistai una copia di “Today I will fly” di Mo Willems, da regalare al MaritoZen per la sua prima festa del papà perché ero incinta e aspettavamo Momo per l’estate. Quel libro è stato anche uno dei primi che ho letto a Momo neonato, uno dei primi a campeggiare sulla piccola — all’epoca — mensola adibita a biblioteca nella sua cameretta. Insomma è stato un libro importante. Vado a prenderlo, per dare seguito a quel friccicore che i ricordi mi avevano regalato. Voglio proprio rileggere la dedica, la data, voglio immergermi nuovamente in quell’atmosfera così lontana, quell’atmosfera di potenzialità. Già, perché per me l’anno a New York, quel periodo coinciso con la mia prima gravidanza, è stato pregno essenzialmente di sogni, di progetti, di ansia di …

Io, la maglia e un nuovo amore #westknit

Quando ero piccola, arrivava l’estate e le scuole chiudevano. Mia madre lavorava in banca, mio padre, promotore editoriale, chiudeva l’agenzia solo ad Agosto. Io non lo so se i miei genitori si facevano venire le tachicardie come prendono a me, ma comunque — mia sorella ancora non c’era — il problema-figlia veniva gestito così: alcuni giorni venivo affidata a mio nonno, che ha presidiato il magazzino di mio padre dalla pensione fino a pochi anni fa, con il quale componevo le collane dei libri scolastici per settembre, facevo merenda seduta in cima ai bancali di libri incellophanati, ascoltavo storie bellissime della sua infanzia o di sua invenzione, facevo amicizia con librai chiacchieroni e professori colti, sfogliavo libri illustrati e sognavo di scriverne; altri giorni venivo accompagnata la mattina presto da mia nonna, che aveva un meraviglioso terrazzo petaloso, abitato soprattutto da gerani, con i quali mi avvantaggiavo di una ventina d’anni sulla ricostruzione unghie e mi fregiavo di manicure rosa (geranio, appunto). Ma non solo: con lei sin da piccolissima ho imparato ad amare i ceci, perché me li spellava, uno …

[recensioni bambine] Ti voglio bene anche se…

Un amore recente, “Ti voglio bene anche se…” di Debi Gliovi, tradotto da Chiara Carminati ed edito da Mondadori. Forse siamo ormai fuori target perché è un libro in rima per piccolini, ma non ci siamo fatti spaventare dal limite apparente e dopo la prima lettura abbiamo scoperto di adorarlo tutti e tre: io, Ricco e Momo, tanto da volerne parlare per le #recensionibambine fatte questa volta a sei mani. Cosa racconta “Ti voglio bene anche se…”?

Ora

Ora c’è la fatica che sto facendo per tornare a galla — ancora le zavorre mi tirano giù, ma ce la metto tutta. Semino, semino, e imparo ad apprezzare i traguardi perché darli per scontato è una grande bastardata nei propri confronti. Allora faccio liste di cose che vanno in porto, liste di cose pratiche da fare giorno per giorno, liste di cose che mi fanno felice, liste di cose che voglio ricordare, liste delle persone che ci sono e di quelle che no. Liste di cose che fotografano un momento. Faccio liste delle cose che voglio realizzare, non un giorno futuro, ma entro due settimane, due mesi, sei mesi, un anno. Dipende.

[recensione] Terzo tempo

Ho letto “Terzo tempo” di Annamaria Anelli. L’ho letto mentre Ricco era a casa per un’influenza parecchio aggressiva e il MaritoZen cominciava ad avvertire sintomi di un contagio incipiente. Praticamente una catastrofe. L’ho letto di notte con il piccolo appiccicato e nervoso e il grande insonne e lamentoso (parlo del padre), e l’ho finito la mattina successiva, dopo aver accompagnato Momo a scuola, aver fatto la spesa e organizzato i pasti per la settimana. E prima ovviamente di cercare di mettere insieme un paio di cose lavorative che non mi facessero percepire la giornata inesorabilmente persa. Ed è stato come se presa dalle mie occupazioni da madre amorevole e consorte devota, nonché da casalinga integerrima e professionista agguerrita, io avessi tenuto un dialogo silenzioso con un’amica, dandoci pacche sulle spalle, sussurrandoci confidenze, sorseggiando vino rosso e asciugandoci pure qualche lacrima.

Piccolo ritratto di Momo

Io questo momento lo vorrei fermare, quando stamattina ho lasciato Momo a scuola e l’ho visto salire i gradini e passare attraverso l’enorme portone, piccolo piccolo lui, col suo cappuccio distintivo, la cartella pesante del Lunedì, i passi corti, lenti, vagamente incerti, senza voltarsi, piccolo piccolo lui, da solo, verso la sua aula al secondo piano. In genere lo vedo sparire nella calca di bambini, e lo confondo, i suoi colori si mescolano agli altri, sparisce subito, prima ancora di oltrepassarlo quel portone. Stamattina, invece, quei due minuti di ritardo — perché ce la siamo presa comoda, abbiamo camminato piano, chiacchierato un po’, accarezzato pensieri solitari, ognuno i propri, con la mano nella mano — hanno fatto sì che l’ingresso a scuola fosse totalmente diverso. E Momo l’ho visto piccolo, proprio piccolo lui. Ma io lo ero ancora di più. Quanto coraggio ogni mattina: affrontare le relazioni, imparare a fare i passi indietro, capire quando farsi avanti, imparare ad apprendere, fare scorta di informazioni, trovare i canali di espressione, scegliere, scegliere, scegliere chi essere. Quanto coraggio …

come reagire all'ansia

Qualcosa di me

E del perché latito, del perché ci sono, ma è come se non ci fossi. Forse è tutta colpa dei geni. Come dice Alice, l’ansia è una delle tante cose di cui possiamo incolpare i nostri genitori. Nel mio caso posso continuare ad andare a ritroso e trovare qualcosa, ne sono certa.