Quello che gli occhi non vedono
A scuola avevo un compagno che ho amato moltissimo. Mi raccontava che entrare in un nuovo spazio era sempre una conquista. Comprenderne i confini, memorizzare la disposizione degli elementi che lo compongono, prendere le misure avendo come unità i propri passi, le proprie dita. Mi diceva che per lui poteva esistere solo ciò che veniva toccato o calpestato. Il mio amico parlava di stanze, di luoghi, ma intendeva la vita, le persone.