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[recensione] Sembrava una felicità

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Una casa serve a tenere alcune persone dentro e tutti gli altri fuori.
Una casa ha un suo perimetro.

Quello di cui avevo bisogno quando l’ho avuto tra le mani non era evasione, ma al contrario avevo bisogno che qualcuno mi spiegasse la realtà e me la facesse capire bene, a parole mie. Volevo leggere di me, ma da un altro punto di vista. Volevo leggerlo esattamente così.

C’è ancora un vuoto nel mio cuore.
Pensavo che amare tanto due persone lo avrebbe riempito.

Non ci sono spiegazioni, né insegnamenti. C’è un cammino e una serie di intuizioni, di relazioni, di legami e collegamenti. Esattamente quello che la mia vita è adesso, esattamente quello che voglio continuare a costruire.

Alcune donne lo fanno sembrare così facile, 
quel modo di scrollarsi l’ambizione di dosso
come se fosse un cappotto costoso che non va più bene.

È un libro che mi ha parlato. Si è seduto accanto a me, sul bordo del letto e giù fitto fitto a raccontare, a testa bassa, quello che era urgente.

Fa come se la scrittura non avesse regole.

La scrittura, ancora necessità primarie, raffinare, affinare. Quale tipo di pensiero c’è dietro una scrittura efficace.

L’evoluzione ci ha programmati per gridare di dolore quando veniamo abbandonati.
Per fare più rumore possibile, così che la tribù torni indietro a cercarci.

Ho trovato esattamente quello che mi serviva, nella forma in cui potevo recepirlo. È stato un momento perfetto di identificazione, di evoluzione e di coscienza.

Ha desiderato altri uomini, naturalmente. Uno o due in particolare.
Ma la verità è che ha una buona capacità di controllo. È per questo che non è morta.
Ed è sempre per questo che è diventata una scrittrice e non un’eroinomane.
Lei pensa prima di agire o, per essere più precisi, lei pensa 
invece di agire.
Un difetto, non una virtù.

Dura poco, ma se vuoi puoi centellinarlo e  fartelo bastare, perché c’è tutto. Anche se cominci dalla fine.

Da piccoli, non si sa il nome delle cose.

Sembrava una felicità di Jenny Offill, NNEditore

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