Non ho mai amato Agosto. Non amo particolarmente neppure l’estate e questo mese ne è l’apoteosi. Non amo il mare con la calca, il caldo, non amo le vacanze programmate e neppure le aspettative che inevitabilmente vi si posano.
Proprio per onorare la mia nota coerenza, quest’anno ho programmato le vacanze con un anticipo sorprendente. A Febbraio avevo già deciso che dopo le ferie tutti insieme a Luglio in montagna, avrei trascorso Agosto a Brindisi, dai miei, con i bambini. Tutto il mese, come non succedeva da una vita, perché i bambini potessero andare al mare e io potessi riprendere fiato in un luogo che mi appartiene, a cui appartengo.
E così sono qui. Soffro la mancanza del MaritoZen, costretto a fare il pendolare a una distanza poco agevole, ma sto riscoprendo una dimensione che mi fortifica. Mangio il cibo della mia infanzia, esco da casa e in dieci minuti sono al mare. Mi posso permettere anche solo di andare a contemplarlo, senza pianificare un’uscita e trascorrere ore nel traffico cittadino.
Posso vedere amici, fare la spesa, lavorare, leggere, andare in spiaggia, organizzare nuovi progetti, andare a trovare i miei nonni, truccarmi con mia sorella, comprare un vestito nuovo, tutto nella stessa giornata, e avere anche il tempo di fermarmi un istante e riflettere su dove sono e dove sto andando. È un modo di trascorrere le giornate che avevo totalmente dimenticato, affannata nelle mie rutilanti tabelle di marcia romane.
Sto facendo scorta di sapori, di luce, di sale. Quanto sale. Lo sento sotto le unghie, sulla pelle dei bambini, sotto il palato.
E poi sto scrivendo, sto soprattutto mettendo in ordine un sacco di cose. Cammino abbastanza spedita eppure sono rilassata e il mio ritmo interiore è incredibilmente lento.
Sembra uno stato di grazia, probabilmente lo è.