Quando ero piccola, arrivava l’estate e le scuole chiudevano. Mia madre lavorava in banca, mio padre, promotore editoriale, chiudeva l’agenzia solo ad Agosto. Io non lo so se i miei genitori si facevano venire le tachicardie come prendono a me, ma comunque — mia sorella ancora non c’era — il problema-figlia veniva gestito così: alcuni giorni venivo affidata a mio nonno, che ha presidiato il magazzino di mio padre dalla pensione fino a pochi anni fa, con il quale componevo le collane dei libri scolastici per settembre, facevo merenda seduta in cima ai bancali di libri incellophanati, ascoltavo storie bellissime della sua infanzia o di sua invenzione, facevo amicizia con librai chiacchieroni e professori colti, sfogliavo libri illustrati e sognavo di scriverne; altri giorni venivo accompagnata la mattina presto da mia nonna, che aveva un meraviglioso terrazzo petaloso, abitato soprattutto da gerani, con i quali mi avvantaggiavo di una ventina d’anni sulla ricostruzione unghie e mi fregiavo di manicure rosa (geranio, appunto). Ma non solo: con lei sin da piccolissima ho imparato ad amare i ceci, perché me li spellava, uno …